Un viaggio in treno Not Ordinay

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Ieri e oggi sono state giornate di rientri dopo la pausa pasquale, quindi di viaggi, treno, code in auto e mezzi vari. Per cui non c’è giorno migliore di oggi per raccontare qualche tipica esperienza ferroviara, che sicurmente molti di voi avranno provato.

A chi non è mai capitato di fare un viaggio in treno e dire “era il viaggio della speranza”? ebbene io negli ultimi sei anni ho passato circa 2160 ore in treno, praticamente 90 giorni, e di Not Ordinary thing e Not Ordinary people ne ho incontrati in molteplici sfaccettature.

Ogni viaggio in treno è una scoperta di persone, di cose e … di ritardi, dal classico quarto d’ora ai 200 minuti che aumentano incessantemente. Ovviamente i ritardi sono assolutamente Ordinari, ma quello che puoi vedere durante il treno fermo in una galleria, piuttosto che nell’attesa del locomotore sostitutivo a quello guasto, ha infinite possibilità.

Ognuno sul treno porta con se un bagaglio fisico ed emotivo, ognuno con la sua storia e ognuno con qualcosa da dire. C’è il chiacchierone che cerca sempre di incrociare il tuo sguardo per poter iniziare una conversazione dalla quale potrai uscire solo alla tua discesa, il solitario che si nasconde tra giacche e giacconi si mette le cuffiette e si isola nel suo mondo, il dormiglione che dall’inizio alla fine del tragitto dorme beatamente con tanto di bocca aperta e bavetta laterale, lo studioso che legge, studia, scrive tutto contemporaneamente, il telefono addicted che tra chiamate varie, social e messaggi non si stacca dal suo smartphone per tutto il tragitto.

Le personalità migliori però vengono fuori quando nel treno c’è qualche problema. Credo di aver vissuto qualsiasi problema accadibile: guasti di ogni tipo, risse, elemosina, inseguimenti, cani anti droga, calamità naturali, comprendenti neve, alluvioni, frane, e chi più ne ha più ne metta. I veri personaggi in questi momenti iniziano a chiamare tutta la rubrica del loro cellulare, prima i parenti per avvisarli del ritardo, raccontando l’accadimento come fosse l’apocalisse, poi gli amici per i quali il danno diventa di proporzioni catastrofiche peggio della Guerra Dei Mondi, o l’invasione aliena. Quando finalmente arriva la discesa, dopo almeno un’ora supplementare di viaggio, la loro voce continua ad echeggiarti nella testa come una goccia cinese.

Altri veri personaggi sono quelle ossessive verso il proprio aspetto o magari che alla discesa hanno un appuntamento galante, e allora un’ora prima iniziano un vero e proprio restiling alla pari di Plane Jane. Fondotinta, rossetti, matite, contouring (che ho scoperto il significato grazie proprio ad un viaggio in treno) e le più attrezzate addirittura attaccano la piastra, sempre che la carrozza sia fornita di prese elettriche.

Quando poi il treno che devi prendere è alla mattina molto presto, se la carrozza è divisa in scompartimenti, potresti trovarti all’interno di veri e propri dormitori. Totalmente noncuranti, alcune persone si sdraiano prendendo tre poltroncine, pure senza scarpe e lamenti se chiedi loro di spostarsi, visto che uno di quelli è il posto a te assegnato.

Ho ascoltato storie di vita di tutti i tipi, talvolta se la tua vicina è una signora anzianotta potresti ascoltare i suoi racconti ripetitivamente almeno cinque o sei volte. Regionali, Intercity, Frecce, Italo, non importa che tipo di treno sia, basta abbia dei seggiolini, delle rotaie e sia diretto verso una meta, per trasformarlo in una macchina di spettacolo antropologico.

Appena si sale in treno non si sa mai cosa si può trovare, un po’ come la scatola di cioccolatini tanto cara a Forrest Gump.

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